Tuesday, November 08, 2011

Il punto di Massimo. Giannini Quota 308 - il Disincanto della Democrazia

Questo articolo è stato pubblicato, completo di una serie di grafici e di svariate note, sulle pagine di Repubblica Lunedì 7/10/2011 a firma di Ilvo Diamanti, era questo l'articolo che l'altro giorno mi ha scioccato.. Non ha importanza quanto è accaduto oggi, le 308 anime persevoti i 316 astenuti in cerca d'autore, la seconda lettera che sembra essere arrivata dall'Unione, proprio poco interessa, interessa come quanto accaduto in questi anni ha inciso su tutti noi...leggetelo mentre ascoltate il punto di Giannini Il Disincanto della Democrazia…di Ilvo Diamanti - Mappe Lunedì 7/10/2011 Nel Paese si percepisce un diffuso disincanto politico. Investe non solo i partiti e i loro leader, ma anche le istituzioni dello Stato Ad eccezione del Presidente Napolitano, com’è noto, la sfiducia dei cittadini non risparmia nessun soggetto e nessun attore pubblico. Non sorprende che questo sentimento stia erodendo il consenso nei confronti delle istituzioni rappresentative. Verso la stessa “democrazia”. È ciò che sta capitando, secondo un sondaggio di Demos di alcuni giorni fa. Certo, la gran parte degli intervistati (oltre due terzi) resta convinta che “la democrazia è preferibile a qualsiasi altra forma di governo”. Se ne desume, però, che circa un italiano su tre la pensa diversamente. In particolare, il 23% del campione accetta l’idea che: “autoritario o democratico non c’è differenza”. Si tratta del dato più alto registratonegli ultimi dieci anni. Nel 2001 questa posizione era, infatti, condivisa dal 16% degli intervistati. La stessa percentuale rilevata nel 2008. Il disincanto democratico sembra, dunque, essere cresciuto sensibilmente negli ultimi anni. In particolare, si è diffuso fra i più giovani (18-29 anni). Ma risulta condiviso, soprattutto, nell’elettorato di centrodestra: il 31% tra gli elettori del Pdl, addirittura il 34% tra i leghisti. Difficile sorprendersi. La democrazia rappresentativa non sta offrendo grande prova di sé, in questa fase. In Italia, ma non solo. Basti pensare a come è stata affrontata la crisi economica e finanziaria. L’agenda: dettata dalla Ue, in particolare dalla Bce e dal Fmi. Cioè: da istituzioni finanziarie e monetarie, non elettive. Nell’ambito della Ue, peraltro, le scelte comunitarie in particolare, le nostre, sono state imposte da due Paesi su tutti: Francia e Germania. Da due leader su tutti: Sarkozy e Merkel. Eletti dai cittadini dei loro Paesi, non dagli europei, nel loro insieme. Tanto meno dagli italiani. Peraltro, mentre i mercati dettano le regole e i vincoli ai governi, il rapporto tra mercato e democrazia non appare più stretto e automatico come un tempo. Leonardo Morlino, sull’ultimo numero dell’Espresso, mostra come il tasso di crescita del Pil nei regimi autoritari (4,9%) sia decisamente superiore a quello dei Paesi democratici e liberi (2,3%). Questa tendenza si spiega, in parte, con il basso punto di partenza dei regimi autoritari. Tuttavia, non sorprende troppo, vista l’influenza esercitata sulle economie occidentali da Cina e Russia (sistemi peraltro molto diversi). Visto il peso della Libia (e della famiglia) di Gheddafi nell’economia italiana fino a un anno fa. Prima dell’intervento armato, deciso e guidato da Usa, Gb e, anzitutto, dalla Francia (di nuovo). A nome e per conto della Comunità Internazionale (Italia compresa). Il disincanto democratico degli italiani, però, è condizionato, in misura rilevante, dalle vicende interne. La sfiducia nel governo eletto nel 2008, in un’altra epoca: oggi solo il 20% degli elettori lo considera adeguato al compito. Stesso giudizio nei confronti dell’opposizione. Ma il consenso verso il governo è crollato in breve tempo. Il Presidente del Consiglio ottiene, a sua volta, una valutazione sufficiente da due soli elettori su dieci. D’altra parte, un governo e un Presidente del Consiglio che, per sopravvivere, ricorrono alla fiducia una volta alla settimana, non possono che ri-produrre la sfiducia. Tanto più se si assiste a passaggi continui di parlamentari, tra uno schieramento e l’altro. In queste ore, ad esempio, Berlusconi sta contattando, ad uno ad uno, i “dissidenti” del Pdl. Per ricostituire, una volta di più, la maggioranza in vista del voto di domani. Allargando ancora, se necessario, il numero dei sottosegretari e dei vice-ministri (se ne è perso il conto, oramai). Difficile riconoscere il marchio della “volontà popolare” a una maggioranzasempre in bilico, tenuta insieme e rattoppata mediante incentivi personali continui. Anche perché non è per “sanare” i problemi giudiziari né i conflitti di interesse di Berlusconi che gli elettori, nel 2008, avevano garantito al Centrodestra una maggioranza parlamentare larga come mai prima, nella Seconda Repubblica. Le preoccupazioni degli italiani, ormai segnate dalla crisi economica, hanno reso insopportabili i costi della politica I privilegi di cui godono i parlamentari e gli amministratori pubblici E hanno alimentato un clima “antipolitico”, sostanzialmente diverso da quello dei primi anni Novanta. Perché allora rifletteva la rottura con il “vecchio” sistema politico. Evocava una domanda di cambiamento, proiettata nel futuro. Mentre oggi l’antipolitica riflette la frustrazione suscitata da un sistema politico esausto, prigioniero del presente - e del passato. Anche per questo la “fiducia” nella democrazia, in Italia, appare in declino. Tanto più fra coloro che diffidano dei partiti. D’altra parte, a fidarsi dei partiti, ormai, è una quota residua: il 5% degli italiani. Non a caso i soggetti che raccolgono maggiore consenso fra i cittadini sono “esterni” ai partiti. Non solo il Presidente, Napolitano. Ma anche imprenditori, finanzieri, leader di organizzazioni economiche, tecnici. Gli stessi ai quali fannoriferimento quanti vedono in un governo di unità nazionale l’unica soluzione a questa crisi — politica ed economica. Ma Berlusconi e gli altri leader della maggioranza, in caso di sfiducia parlamentare, invocano il ritorno alle urne. Ogni diversa soluzione sarebbe “un golpe”, ha denunciato, sabato scorso, il ministro Calderoli. Responsabile della legge elettorale attualmente in vigore, in base alla quale è stato eletto questo Parlamento. Secondo lo stesso Calderoli: una “porcata”, che impedisce ogni controllo sugli eletti da parte degli elettori. Contro questa legge elettorale sono state raccolte, in un mese e mezzo, oltre 1 milione e 200 mila firme. Per promuovere un referendum abrogativo, che riscuote ilconsenso di gran parte degli elettori (come ha mostrato la“Mappa” della scorsa settimana). Questa legge elettorale - ogni legge elettorale- è, per definizione, principio e fondamento della nostra democrazia rappresentativa. Visto che la “rappresentanza” democratica è realizzata mediante le elezioni. Per questo occorre prendere sul serio il disincanto della società italiana. Perché mina la “legittimità” della nostra democrazia. Alla radice.

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