Wednesday, August 25, 2010

Ritrovata l'Arca di Noè del Jazz!

Anche questo articolo risale ad alcuni giorni orsono ed ha un notevole interesse...
E' stato scritto da ANGELO AQUARO in occasione della presenazione di una grande scoperta della storia del Jaaz - vi è un'altro articolo - più lungo nell'inserto della Domenica.

Recuperati mille dischi di musica nera delle origini, registrati ben prima dell'avvento del 33 giri William Savory, un appassionato dell'epoca, li aveva raccolti e preservati dal tempo. E ora il figlio li ha scoperti

NEW YORK - La puntina scende piano e il vecchio disco comincia a gracchiare: le voci arrivano da un altro mondo. "Questa dovrebbe andare" dice il deejay Martin Block che ha invitato quei tre mostri sacri a esibirsi al suo show sulla radio WNEW.

È il 1938 e la parola disc jockey l'hanno inventata apposta per lui: prima non esisteva. Solo Martin potrebbe essere capace di mettere davanti allo stesso microfono Louis Armstrong, Fats Waller e Jack Teagarden. I tre giganti non hanno mai suonato insieme - è come se oggi salisssero sullo stesso palco i Rolling Stones e gli U2 - e adesso attaccano quel Blues Jam che resterà nascosto all'universo mondo per 73 lunghissimi anni.
Scratch scratch. Il disco gracchia ma il mago del suono Doug Pomeroy - richiamato per l'impresa dalla pensione - farà miracoli trasferendo su computer quel bendidio. E non solo Louis Armstrong. Da Billie Holiday a Benny Goodman - passando per Cab Calloway e Lester Young - i maestri del jazz riemergono dal passato come non li abbiamo sentiti mai.

E' una scoperta sensazionale. E' l'Arca di Noè del jazz: la musica che per anni un appassionato di nome William Savory ha raccolto per il suo piacere personale. Mille dischi registrati direttamente dalle performance radiofoniche dei campioni dell'epoca. E che solo quattro anni fa, alla morte di Savory, il figlio Eugene ha potuto scovare, nascosti in quelle casse in cui si stavano rovinando per sempre.




E' come entrare nella macchina del tempo: il direttore del museo del jazz di Harlem, Loren Schoenberg, non usa mezzi termini. E non solo per i nomi raccolti nella collezione. Quei dischi all'epoca erano il massimo dello sviluppo tecnologico. Fino agli anni '40 il formato che andava per la maggiore era il famoso 78 giri. E le registrazioni in studio non potevano superare i tre minuti di durata. Ma la creatività dei maestri era incontenibile: e le performance alla radio erano una dimostrazione. Quel matto di Savory era anche uno stregone del suono. E si divertiva a sperimentare con quel nuovo formato che lui stesso, nel dopoguerra, impiegato alla Columbia, avrebbe contribuito a sviluppare: il 33 giri. Così nella sua collezione ha spazio, per esempio, una versione più lunga, ottobre 1939, di quella straordinaria Body and Soul che Coleman Hawkins traformò in una leggenda del jazz. Beh: dice il critico del "New York Times" che le sonorità in cui il sassofonista si spinge - musica più liberata, meno attenta agli schemi - saranno toccate soltanto vent'anni dopo dal grande Miles Davis.


Eccola qui allora l'altra scoperta che ci regala l'Arca di Noè del jazz. Come in tutte le storie del mondo ogni rivoluzione è in realtà un'evoluzione e il jazz certo non ci scappa: i critici da anni raccontano come la rivoluzione be bop (Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Miles Davis) sia nata dalle jam sessions che i musicisti delle grandi band dell'età dello swing improvvisavano fuori dagli studi. Ma nella raccolta Savory è la prima volta che possiamo ascoltare questa evoluzione: negli show radiofonici i musicisti suonavano più liberamente e il miracolo, oggi, è sotto le nostre orecchie. Perfino il re di quell'età dello swing che per i giovani ribelli era il simbolo della conservazione, Benny Goodman, si esibisce in una Oh Lady Be Good scatenata accompagnata dal fido pianista Teddy Wilson... al clavicembalo: uno strumento che sarebbe stato recuperato dal progressive rock solo 40 anni dopo. E sempre Benny il reazionario ospita nel suo gruppo la primitiva chitarra elettrica di Charlie Christian: che in "Shivers", 1942, suona preveggentemente rock.

Domanda: perché Savory ha nascosto per tutta la vita il suo tesoro? Qui neppure il figlio riesce a dare una risposta. E rimanda al carattere difficile di quell'appassionato di musica che l'amore per la tecnologia e le tecniche di ascolto portarono, anni dopo, addirittura all'abbraccio con la Cia. Sì, la Cia: la sigla dietro cui, si sa, prima o poi vanno a sbattere tutti i misteri d'America. Magari a ritmo di jazz.



Attualmente, come informa Patricia Buffa da America 24 il museo si sta adesso occupando della digitalizzazione dei nastri meticolosamente registrati e assemblati negli anni 30 da William Savory, nato Desavournet, nel 1916 a bordo della nave su cui viaggiavano i genitori, immigrati francesi. Il valore della collezione è proprio legato al talento di Savory, orecchio raffinato, musicista e abile ingegnere. All’epoca non esistevano ancora i nastri magnetici e la maggior parte delle performance in studio veniva registrata su dischi di gommalacca che riuscivano a contenere al massimo tre minuti di registrazione. Savory invece aveva accesso a dischi di alluminio o acetato di dimensioni più grandi che gli permettevano di registrare tracce più lunghe e con una qualità audio nettamente superiore. Un repertorio incredibile che Savory custodiva gelosamente, nessuno finora aveva avuto accesso alla sua interezza e Savory stesso era abbastanza riluttante a rivelarne le caratteristiche.

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