Tuesday, July 27, 2010

Attilio Bolzoni: l' Intelligenza Collettiva del Crimine

Nei giorni scorsi un amico commentando alcune cose che ho, inutilmente scritto su un certo forum per cercare di far riflettere alcuni sul "piccolo fatto" che è inutile una lotta alla mafia, per quanto ampia - ma questi " ampi" mezzi dove stanno ?? ora pare arriveranno, l'anno prossimo dai "soldi sequestrati" ma fino all'altro ieri i doldi i soldi sparivano a iosa, tagli su tagli su tagli, e senza un fiato) - se non la si accompagna con una cultura della legalità, con una cultura della socialità, quella che manca non solo e non tanto nella "SENTINA DI OGNI VIZIO" il sud d'Italia, come siamo descritti, ma un pò dappertutto, mi ha scritto dicendomi - lui si riconoscerà inutile citarlo -

"Non si rendono conto che stanno allevando una nuova Mafia."

Condividevo e molto le sue parole...Più di quel che lui crede. Perchè io vivo in terre dove le mafie, le ndrine comandano e comanderanno. Ad onta dei cambi di governo. Centrali o regionali ( o comunali)

Domenica scorsa due tremendi articoli inseriti nelle pagine della cultura di Repubblica, il primo è questo, la nota di Attilio Bolzoni

L'intelligenza Collettiva del Crimine.

Prima o poi avremo una mafia senza mafiosi. Per sopravvivere la mafia deve liberarsi dei suoi uomini più rappresentativi e dei loro discendenti, far dimenticare gli orrori, deve abbandonare quelle «ossessioni» che quasi in un secolo e mezzo di esistenza (ufficialmente è nata il 25 aprile 1865: è stato quel giorno, infatti, che la parola «mafia» compare per la prima volta in un dispaccio che il prefetto di Palermo aveva inviato al ministro degli Interni del tempo) le hanno permesso di diventare l'organizzazione criminale più potente dell'Occidente. Ma i tempi sono cambiati, il mondo è cambiato. E se la mafia alleverà e proteggerà ancora i suoi mafiosi — per esempio quelli di Corleone, o quegli altri che abbiamo conosciuto nelle borgate intorno a Palermo — non avrà futuro. La continuità Cosa Nostra se la assicurerà ancora e come sempre con la sua trasformazione. Ma questa volta dovrà snaturare se stessa, svincolarsi da un'eredità
che dopo centocinquant'anni l'ha portata verso l'inizio del declino.

Basta con i Totò Riina e con i Bernardo Provenzano, basta con chi si chiama Ganci o Madonia, Galatolo o Santapaola, i legami di sangue e quelle facce sconce non li vuole vedere più nessuno. Nemmeno gli amici degli amici. Alla mafia — a tutte le mafie — servono nomi e volti nuovi, sconosciuti, presentabili e rispettabili. Il «doc», l'uomo d'onore con almeno tre quarti di nobiltà mafiosa, d'ora in poi non sarà più garanzia di qualità. E basta anche con santine che bruciano, riti tribali, giuramenti, lupare e sfregi ai simboli dei nemici: la mafia si salverà se fingerà di suicidarsi e se seppellirà i suoi capi.

A Palermo è già accaduto. La mafia resiste ma i grandi boss di un passato lontano o recente non ci sono più. La mafia non è che muterà nei prossimi anni, è già mutata. Chi sono i suoi padroni? Quali i condottieri che guidano un popolo che da una parte perennemente si riproduce e dall'altra ha la necessità di scomparire? Per quel che se ne sa rimane l'ultimo, l'ultimo dei latitanti, l'ultimo dei boss delle stragi, l'ultimo che è il primo della lista, il trapanese Matteo Messina Denaro.

La fama della mafia siciliana già oggi supera il suo effettivo potere. La mafia che conta non ha più bisogno di grandi mafiosi in carne e ossa, c'è una "intelligenza collettiva" di Cosa Nostra che la mantiene in vita e fa da riferimento a tutti coloro che in Sicilia o altrove con mafia e mafiosi si sono trovati sempre bene. Per gli affari che verranno, soprattutto. La mafia prossima ventura la ritroveremo solo nel business o nella politica. E nessuno avrà più il coraggio di chiamarla mafia. Ai pochi che lo faranno, diranno: siete pazzi, mafiosi non ce ne sono più.

(Articolo tratto da "La Repubblica" del 25 luglio 2010, pag.31)

Il secondo articolo, più lungo,è di Enrico Bellavia una lunga nota sulla reale vita del Quartiere brancaccio di palermo su come questo quartiere sia ancora oggi sotto il completo e totale controllo dei fratelli Graviano, tutti e tre sottoposti al 41 bis.

Potete riprenderlo dalle pagine di Repubblica scaricando il file PDF

http://www.repubblica.it/statickpm3/rep-locali/repubblica/domenica/index.html?ref=HRF-1

C'è anche un bell'articolo su Moebius.

Domenico

No comments: